La Divisione Paracadutisti Nembo, nata da una costola della
Folgore, e più precisamente dal suo 184° Reggimento che rimase in Italia, ebbe
la sfortuna di ricevere attenzioni negative da parte dello Stato Maggiore del
Regio Esercito.
Si fece di tutto, infatti, per impedire che venisse adoperata, seppure per
piccoli reparti, in aviolanci di guerra.
A tal punto era evidente la situazione che il tenente colonnello Alberto Bechi
Luserna, capo di Stato Maggiore della Divisione, indirizzò al Capo di Stato
Maggiore della Regia Aeronautica, generale Rino Corso Fougier, una lettera
con cui chiedeva di far passare i paracadutisti agli ordini dell'Aviazione.
Lo Stato Maggiore Generale, fra il giugno e il luglio 1943 allontanò da Roma e
zone limitrofe tutti i reparti più motivati, dalla Nembo al X° Arditi, agli N.P.
del comandante Buttazzoni.
Fece affluire divisioni di provata fede monarchica, come la Sassari e la
Granatieri di Sardegna.
La Nembo venne mandata in Sardegna, in zona malarica, dove circa il 35%
dei paracadutisti si ammalò.
L'annuncio dell'armistizio provocò profonde lacerazioni nelle file dei
paracadutisti.
Due battaglioni, il 3° del 185° reggimento, e il 12° del 184° rappresentarono
l'emblema di quanto dovettero pesare tra vecchi camerati queste fatali
decisioni.
Il 3° battaglione, seguì (fatta eccezione per la 9^ compagnia del capitano
Francesco Gay), il vicecomandante, capitano Edoardo Sala,il quale scelse di
continuare a combattere con i tedeschi.
Prima di partire per il nord, Sala lasciò al suo comandante un biglietto che
aveva all'incirca il seguente tenore: "Signor maggiore Massimino, non
avendoLa trovata, Le comunico che col mio reparto continuo a combattere Per
l'Onore d'Italia".
I suoi soldati, trovati in un negozio di Soveria Mannelli, in Calabria, metri e
metri di fettuccia nera col fondo tricolore, che servivano per le decorazioni
della Milizia, le utilizzarono ricavando delle fasce da cucire sulla manica
della giubba, col motto Per l'Onore d'Italia.
In Sardegna la Divisione Nembo, agli ordini del generale Ercole Ronco, perse il
12° battaglione del 184° reggimento.
Comandava quel reparto il maggiore Mario Rizzatti, volontario di due guerre,
arruolatosi nei paracadutisti a più di cinquant'anni.
Il generale Ronco cercò di convincerlo a restare con la divisione agli ordini
del Re, ma Rizzatti rispose: "Signor generale, io voglio ancora combattere e, se
necessario, morire per la mia Patria".
Morì in quei drammatici giorni il tenente colonnello Alberto Bechi Luserna, capo
di Stato Maggiore della Nembo, ucciso per errore a un posto di blocco
del battaglione Rizzatti.
I reparti di Sala e Rizzatti, giunti al Nord, vennero riunificati nel
Raggruppamento Arditi Paracadutisti Nembo.
Vogliamo qui ricordare quanto scrisse il principe Junio Valerio Borghese, sul
vergognoso armistizio di Cassibile:
"La sera dell'8 settembre, trovandomi al Comando della X^ Flottiglia a La
Spezia, apersi la radio e appresi dell'armistizio, in tal modo io, comandante
della X^ Flottiglia Mas, capo militare di combattenti su tutti i fronti
d'Europa, depositario di importanti segreti e di armi nuovissime, responsabile
davanti al re e al popolo delle funzioni militari conferitemi e della vita degli
uomini che mi erano stati affidati, appresi che il Paese era entrato in stato
armistiziale.
Nessuno dei miei numerosi superiori diretti o indiretti aveva ritenuto
necessario darmene, sia pure riservatamente, preventiva comunicazione.
Mi sembrò strano.”
Dopo l'8 settembre 1943, un pugno di validi istruttori guidati dal capitano
Luigi de Santis, fece rinascere la mitica Scuola che brevettò i paracadutisti
della Repubblica Sociale Italiana.
La Scuola, quarta in ordine cronologico, seguiva quelle di Castelbenito,
Tarquinia e Viterbo.
Venne installata a Tradate, nel Collegio Arcivescovile Diocesano Lombardo,
perché era molto vicina all'aeroporto di Venegono Superiore.
(Precisazione di un
lettore:
Più precisamente nel periodo che la Nembo era a Tradate, il comune era unico e
cioè Venegono, con unico Podestà.
Erano pertanto due rioni: il rione Inferiore e il rione Superiore.
Solo dopo il 1946 per motivi di campanilismo si divisero e diventarono due
Comuni distinti.
Attualmente c'e' il Comune di Venegono Inferiore dove c'e' l'ingresso all'aereoporto
e Venegono Superiore dove finisce la pista.
Nel 1944, io abitavo proprio in Venegono Inferiore, avevo 10 anni e ben ricordo
quando questi ragazzi paracadutisti arrivavano da Tradate diretti al campo per i
lanci e cantavano "in sul pajon ... requiem eterna".
Forse le parole non sono esatte.
Davanti alla compagnia marciava con loro la Mascotte, era un ragazzo di 10-12
anni, vestito di tutto punto come un vero Paracadutista.
Ricordo anche di aver visto appesi nel teatro dell'oratorio dietro alle quinte
dei paracadute bianchi, forse era l'unico posto che avevano per rimpacchettare i
paracadute dopo i lanci.)
Con il capitano de Santis collaborarono i seguenti istruttori: Martinotti,
Caruso, Bisconcini, Milani, Welponer, Bonora, Minà, Faloppa, Zamborlin, Ferri,
Balbiani, Formenti, Garofano, Valenti, Carraretto, Guida, Farina, Calzetti,
Carmignani, Oliaro, Serra ed altri.
Un gruppetto di istruttori venne inviato dal capitano de Santis a Tarquinia e a
Viterbo, a recuperare il materiale sopravvissuto ai bombardamenti, alle
requisizioni dei tedeschi e al saccheggio.
I materiali superstiti vennero trasportati a Tradate, nel Collegio che era stato
requisito dall'Aeronautica, in base alla vecchia legge che assegnava all'Arma
Azzurra l'onere della gestione delle Scuole di Paracadutismo.
La nuova Scuola entrò a far parte del Raggruppamento Arditi Paracadutisti
dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana.
Il Raggruppamento era agli ordini del tenente colonnello Edvino Dalmas, e si
articolava nel modo seguente:
Deposito Reparti Paracadutisti - Compagnia Servizi - Compagnia Paracadutisti
Anziani - Compagnia Allievi Piloti e Paracadutisti - Battaglione Allievi
Paracadutisti - Centro d'Istruzione Paracadutisti.
La forza complessiva era di circa 1200 uomini, tra ufficiali, sottufficiali e
truppa.
Il Corpo Istruttori aveva un organico di 6 ufficiali, 12 sottufficiali, 7
specialisti ripiegatori, 16 aiutanti istruttori.
Altri istruttori erano accorsi per affiancare e dare nuova linfa.
Fra questi il capitano Genovesi, i tenenti Mazzarini, Giannozzi, Bonavia e
D'Alessandro, che vennero assegnati al Battaglione Paracadutisti della Guardia
Nazionale Repubblicana.
Arrivarono alla Scuola anche i tenenti Cucchiara, Zarotti, Vaccà, Bordogna e
Betti, che confluirono nel neonato Battaglione Nuotatori Paracadutisti della
Decima Flottiglia M.A.S..
Agli inizi di gennaio il tenente Ferretto, con i sottotenenti Esposito, De
Benedetti, Vitali e Serra, aveva selezionato una compagnia di allievi
paracadutisti (per l'esattezza 150) da inviare alla Scuola Paracadutisti di
Friburgo.
Nello stesso periodo in cui si organizzava la Scuola di Tradate, a Spoleto, nel
gennaio 1944, veniva aperto il "Centro di Istruzione Tattico", comandato dal
maggiore tedesco Otto Kruger, dell'XI° Flieger Korps.
Si stava costituendo la 4^ Divisione Paracadutisti Tedesca del generale Trettner.
Vi furono addestrati circa 1000 nostri volontari.
Nel febbraio 1944 il capitano Nino Buttazzoni, comandante del Battaglione N.P.
della decima Flottiglia M.A.S., compì il primo lancio dopo l'armistizio,
sull'aeroporto di Bresso, con i tenenti Cucchiara, Solaro e Palomba.
Gli istruttori di Tradate chiesero di essere immediatamente impiegati in zona di
operazioni, per combattere il nemico che aveva invaso la Patria.
Tra essi rifulse la figura quasi leggendaria del tenente Ubaldo Stefani, che
cadde eroicamente, il 16 febbraio 1944,a Moletta di Ardea, alla testa di sbarco
di Anzio e Nettuno.
Scomparve nel pieno del combattimento contro truppe inglesi; il suo corpo non
venne mai ritrovato.
Alla memoria fu concessa la Medaglia d'Argento al Valor Militare.
La sua fine ricorda quella avvenuta nella Grande Guerra al bersagliere Francesco
Rismondo, anch'egli scomparso, come gli eroi da leggenda.
Nelle città la mano fratricida era pronta a colpire i nostri soldati in
uniforme.
Il 5 gennaio 1944, a Milano, venne ucciso dai G.A.P. Manlio D'Abundo. Il 15
gennaio il tenente Antonio Mazzarini veniva ferito gravemente a Brescia; morì il
15 marzo dopo due mesi di gravi sofferenze.
Dal giorno della sua morte il Battaglione Paracadutisti della G.N.R. veniva
denominato 1° Battaglione Paracadutisti "Mazzarini".
Fra maggio e giugno il Reggimento Arditi Paracadutisti "Folgore", avente come
organico tre battaglioni (1° Folgore - 2° Nembo - 3° Azzurro), al comando del
capitano Edoardo Sala, entrava in combattimento a sud di Roma.
Nei combattimenti al Fosso dell'Acqua Buona, nei pressi di Aprilia, nel giugno
1944, la 7^ Compagnia del II° battaglione, comandata dal tenente Romano
Ferretto, si comportò con notevole valore.
Tra i paracadutisti della 7^ compagnia vi era il giovanissimo Ezio Camuncoli, al
quale Carlo Borsani dedicò la "Canzone di Nettuno".
(Precisazione di un
lettore: In realtà non si tratta di Ezio Camuncoli,
ma del Figlio Ferdinando, arruolatosi volontario "nella magnanima illusione di
fermare l'america" (parole di Luigi Pasquini) e caduto a soli 17 anni. Il padre,
Ezio Camuncoli era giornalista e srittore di fama, ma non ebbe mai nulla a che
vedere con la Folgore.)
"Sorgi a vincere il mondo, Italia mia, serena e forte come l'innocente anima
nuova degli Eroi della Repubblica Sociale Italiana ,che in armi repubblicane
vennero a Nettuno per morire d'amore".
Trascriviamo la motivazione della Medaglia d'Oro al Valor Militare:
"Studente volontario della prima ora. Capo arma mitragliere, durante la difesa
di Roma dava numerose prove di ardimento.
Gravemente colpito dal piombo nemico ad una spalla, ai compagni che volevano
portarlo indietro imponeva che lo lasciassero sul posto e continuassero
l'azione. Durante un successivo attacco nemico si prodigava nel rifornire l'arma
passando con l'unica mano indenne munizioni per la mitragliatrice. Sanguinante,
al limite delle possibilità fisiche, raccoglieva col braccio sano alcune bombe a
mano e, primo, si lanciava al contrassalto trascinando col suo esempio i
compagni ma veniva colpito mortalmente. Bellissimo esempio di abnegazione e di
amor patrio".
Il tenente istruttore Romano Ferretto, che volle combattere in primissima linea
con gli uomini che aveva addestrato, guadagnò, per il suo comportamento, la
Medaglia d'Argento al Valor Militare "sul campo", e la Croce di Ferro tedesca di
prima classe.
A Castelporziano si distinsero i tenenti istruttori Giorgio Candeo, Enzo
Muratori, Bruno Bean, Bruno Catenazzo, che meritarono la Medaglia d'Argento al
Valor Militare sul campo.
I sottotenenti Francesco Cifani e Tobia Caporiccio, istruttori della Scuola di
Viterbo, vennero decorati di Medaglia di Bronzo al Valor Militare, per il loro
coraggio nei sanguinosi scontri in difesa di Castel di Decima.
Cadde nel giugno 1944 a Malpasso, alle porte di Roma il maggiore Mario Rizzatti,
mentre, armato di bombe a mano, tentava di salire su un carro armato nemico per
distruggerlo.
Il generale Kurt Student ebbe parole di elogio per i nostri paracadutisti del
Reggimento Folgore. Disse: "Rivolgo il mio commosso pensiero ai camerati
italiani e tedeschi, che, nei ranghi del reggimento Folgore, con esemplare
fedeltà e fratellanza d'armi, sono caduti spalla a spalla come prima avevano
combattuto".
Dopo la battaglia per la difesa di Roma il reggimento Folgore, che aveva perso
circa il 40% degli effettivi, tornò ad essere comandato dal tenente colonnello
pilota Edvino Dalmas.
Il reggimento si articolava su tre battaglioni :
1° Folgore - Capitano Edoardo Sala
2° Nembo - Capitano Luciano Bernardi
3° Azzurro - Capitano Alfredo Bussoli
Il 1° battaglione venne inviato a Venaria Reale e a Rivoli, poi in Val di Susa.
Il 2° battaglione a Lanzo e a Cirié; il 3° battaglione, in autunno, in Val
d'Ossola.
Il reggimento Folgore costituiva unità di riserva tattica dell'Armata Liguria
del Maresciallo Rodolfo Graziani.
Nel dicembre 1944 il tenente istruttore Maraldi, mentre compiva una missione
venne catturato dai partigiani.
Torturato per più giorni perché rivelasse segreti militari, non cedette.
Venne esposto, mani e piedi legati da ferro spinato, seminudo, ai rigori
dell'inverno.
Prima di morire donò la sua divisa ad un partigiano febbricitante e perdonò i
suoi carnefici.
Ottenne di comandare il plotone di esecuzione e morì, il 14 dicembre 1944, al
grido di Viva l'Italia.
Il 26 aprile 1945 il comandante Sala, sceso ad Aosta da Courmayeur, col comando
di reggimento e il 3° battaglione Azzurro, constatò che le Autorità erano
partite e pertanto assunse il comando della Piazza.
Recatosi in visita di cortesia dal vescovo, monsignor Imberti, venne da questi
esortato a cedere le armi.
Analogo messaggio fu fatto pervenire al comandante Sala, dal C.L.N. locale.
Il comandante rispose: "Uniamo tutti gli italiani di Aosta, siano essi della
R.S.I. o del C.L.N., e facciamo fronte comune contro le minacce francesi sulla
Valle. Se per motivi di opportunità politica non desiderate trovarvi faccia a
faccia con i soldati francesi, lasciate a noi questo compito, non attaccateci
alle spalle e noi ci impegniamo a difendere i confini da ogni minaccia".
Il capitano Bernardi del Nembo, non fidandosi del clero, si fece autorizzare dal
comandante Sala a ripiegare verso il Canavesano con i tedeschi.
Sala convocò i 650 paracadutisti presenti ad Aosta, e col capitano Bonola stilò
un documento che diceva: "...supremo intendimento dei paracadutisti é difendere
la Patria.
...Essi restano in armi, pronti a battersi contro ogni minaccia proveniente dal
fronte alpino".
Il documento, letto ai 650 paracadutisti, venne accolto da applausi e da un solo
grido: "ITALIA - Folgore".
Poi tutti intonarono "Cuori d'acciaio all'erta".
Il 30 aprile 1945 i comunisti di Aosta accusarono il C.L.N. di essere troppo
conciliante col reggimento Folgore, e mandarono un ultimatum affinché i
paracadutisti si arrendessero senza condizioni.
Il maggiore Sala rispose: "Il Folgore non si arrende, i paracadutisti non cedono
le armi".
Al mattino del 1° maggio un parlamentare del C.L.N. propose al comandante Sala
di lasciare Aosta e di recarsi con tutto il reggimento a Saint Vincent. Non
molto distanti, quindi, per poter eventualmente intervenire a rintuzzare
attacchi francesi.
In un'altra assemblea tale proposta venne portata a conoscenza dei
paracadutisti, che decisero di lasciare Aosta.
Il 1° maggio uscirono perfettamente inquadrati dalla caserma Testafochi,
cantando, tra due ali di folla.
Il pomeriggio dello stesso giorno il Folgore entrava a Saint Vincent e si
accasermava a ll'Hotel Billia.
Il 3 maggio una avanguardia americana arrivò davanti all'albergo.
Il maggiore americano Rooney chiese di parlare col comandante.
Sala lo presentò ai suoi uomini. Rooney disse che non chiedeva un disarmo
plateale, perché aveva per i paracadutisti italiani il massimo rispetto, ma solo
la consegna delle chiavi dell'armeria.
Arrivò una colonna della 34^ Divisione di fanteria americana che aveva
combattuto a Nettuno e che aveva avuto modo di apprezzare il coraggio dei nostri
soldati.
Alle 10.00 ebbe inizio la cerimonia per la consegna delle armi.
Tutti consegnarono le proprie armi, dopo averle baciate, nelle mani del
comandante Sala, che strinse a tutti la mano ringraziando per la dedizione e
l'impegno profusi fino all'ultimo.
Gli americani, per rispetto, non vollero presenziare alla cerimonia. Poi dal
cortile dell'albergo Billia si alzò un canto, era "La Preghiera del Legionario".
Attratti dal canto arrivarono gli americani e si irrigidirono sull'attenti.
Agli ufficiali venne lasciata la pistola, un reparto rese gli onori militari.
Il labaro del Folgore e il gagliardetto della Legione Dalmata furono tagliati in
striscioline.
Ciascun paracadutista ne ebbe un pezzo.
Il 5 maggio 1945 i nostri paracadutisti, su camion americani, lasciarono
l'albergo Billia.
Molta gente, lungo il percorso, lanciò loro insulti e minacce.
Ad Ivrea vennero scagliati sassi, a Cavaglià, Santhià e Vercelli i partigiani
locali, armi alla mano, depredarono i paracadutisti.
A Piacenza, sulla riva sinistra del Po, il convoglio dei prigionieri sostò per
aspettare il turno di passaggio sul ponte di barche; poi i camion ripartirono.
Sull'altra riva una lunga autocolonna attendeva il turno di passaggio.
A bordo vi erano i paracadutisti italiani del Gruppo di Combattimento Folgore,
che avevano combattuto con gli anglo-americani.
Riconosciutisi, i paracadutisti del Nord e del Sud scesero dai camion, si
abbracciarono, dimostrandosi un grande segno reciproco di cameratismo che
travalicava le scelte compiute.
I paracadutisti del sud donarono ai commilitoni del nord quanto potettero, di
viveri e generi di conforto.
Poi le due colonne mossero in direzioni opposte, verso due differenti destini.
In piedi sui cassoni, tutti i paracadutisti cantarono l'Inno della Folgore.