I superstiti della Folgore vennero radunati il 7 dicembre
1942, a Breviglieri, al Centro di Istruzione di Fanteria della Libia.
Il reparto di formazione, denominato 285° battaglione paracadutisti "Folgore",
venne posto al comando del capitano Carlo Lombardini, già comandante della 20^
compagnia del VII° battaglione.
Questo grande soldato scrisse dopo la guerra: "Sulla campagna di Russia sono
stati scritti volumi e volumi, sulla campagna in Africa Settentrionale solo
qualche volume e non sempre veritiero.
Ufficiali portano sulle divise la placca della Campagna di Russia, la medaglia
commemorativa per l'Africa Settentrionale, invece, fu abolita nel 1946 dal
ministro della Difesa.
A coloro che non si piegarono alle lusinghe russe diedero la Medaglia d'Oro al
Valor Militare; a quelli che fecero la stessa cosa con gli Alleati, sanzioni
disciplinari".
Il 285° si articolava su cinque compagnie:
107^ - Compagnia Comando - agli ordini del capitano Riccardo Caroli, già
comandante la 5^ compagnia del II° battaglione.
108^ - tenente Rolando Giampaolo, già comandante della 28^ compagnia del X°, poi
IX° battaglione .
109^ - tenente Lodovico Artusi,uno dei volontari nel battaglione Curtatone e
Montanara nel 1935-1936,che aveva comandato la 26^ compagnia del IX° battaglione
Folgore.
110^ - tenente Vittorio Raffaelli
111^ - tenente Enrico Bosco Corradini, che aveva comandato la 3^ batteria-2°
Gruppo-185° Reggimento Artiglieria "Folgore".
Il 285° si schierò a Buerat a difesa della Via Balbia.
Dopo una sosta a Tavorga, il battaglione venne inviato a nord di Kussabat,
sbarrando le piste provenienti da Beni Ulid.
Mentre si trovava ad Ain Zara, il battaglione ricevette l'ordine, il 22 gennaio
1943, di schierarsi a sud dell'aeroporto di Castelbenito.
Si doveva resistere ad oltranza, per permettere alle divisioni italiane e
tedesche di ripiegare lungo la litoranea.
Col Folgore vi era anche un battaglione di paracadutisti tedeschi.
Il 23 gennaio si scontrò col nemico.
La stessa sera, dopo la caduta di Tripoli, ricevette l'ordine di prendere
posizione a sud del castello di Zuara.
Dopo un nuovo ripiegamento il battaglione raggiunse la linea fortificata del
Mareth, in Tunisia.
Il 28 febbraio 1943 il feldmaresciallo Rommel stabilì di scagliare un'offensiva
contro il nemico, che denominò Azione Capri.
Scopo dell'operazione era l'annientamento delle truppe nemiche che stavano
posizionandosi tra il Mareth e Medenine.
Si iniziò alle ore 06.00 del 6 marzo 1943, ma non si raggiunse il risultato
sperato. Il giorno successivo il comando della 1^ Armata ordinava di rientrare
alle posizioni di partenza.
Sulla linea del Mareth si distinse il sottotenente paracadutista Cesare
Cristoforetti, che guadagnò la Medaglia d'Argento al Valor Militare alla
memoria, con questa motivazione: " Comandante di plotone paracadutisti a
protezione di un nucleo di genieri d'arresto che di notte stavano costruendo un
campo minato, mortalmente colpito da numerose schegge di granata che gli
amputavano completamente le gambe e lo ferivano in tutto il corpo dava prova di
grande serenità. Mentre veniva trasportato al posto di medicazione, conscio del
grave stato in cui si trovava, incitava i portaferiti a compiere sempre il loro
dovere e a testimoniare ai suoi genitori che moriva serenamente dopo aver dato
tutto alla Patria. Negli ultimi istanti di vita trovava ancora la forza di
intonare l'inno dei paracadutisti italiani".
Mareth - ( Tunisia ), 14 marzo 1943
La notte del 23 marzo truppe scozzesi espugnarono alcuni nostri avamposti a El
Harran.
Il 23 marzo stesso, il comandante del 66° reggimento di fanteria, di cui il
Folgore costituiva il III° battaglione, ordinava il contrattacco alla compagnia
che fungeva da caposaldo arretrato del battaglione, cioé quella del tenente
Lodovico Artusi, la 109^.
Ricevuti gli ordini dal comandante, Artusi disse: "Vinco o non torno!"
Divise il reparto in due gruppi e si lanciò all'assalto gridando "Folgore", alla
testa dei suoi uomini.
Molti furono i feriti e gli uccisi.
Rimase gravemente ferito ed accecato lo stesso tenente Artusi, che, soccorso dai
suoi uomini ebbe ancora la forza di dire: "Abbiamo vinto. Folgore. Viva
l'Italia".
Per il suo valore gli venne conferita la Medaglia d'Argento al Valor Militare
con la seguente motivazione:
"Comandante di una compagnia inviata in rinforzo ad un battaglione per
rioccupare una posizione raggiunta dall'avversario, impavido, alla testa dei
suoi uomini, sotto intenso fuoco li trascinava in un travolgente vittorioso
contrassalto che permetteva di rioccupare di slancio la posizione perduta.
Rimasto gravemente ferito alla testa, rifiutava ogni soccorso ed additando ai
suoi uomini le posizioni avversarie, gridava con le forze residue "Folgore,
abbiamo vinto. Viva l'Italia".
A.S. 24 Marzo 1943
Il 30 marzo il "Folgore" si schierò di nuovo sulla linea dell'Uadi Akarit.
Il 6 aprile gli inglesi sferrarono contro le forze dell'Asse, un forte attacco.
La notte del 6 aprile si dovette arretrare verso Enfidaville.
Il battaglione era ridotto a circa 200 uomini, ripartiti tra la 108^ compagnia
del tenente Rolando Giampaolo e la 112^ del tenente Orciuolo.
All'Uadi Akarit era rifulso il valore del tenente Giampaolo.
Questo eccezionale ufficiale che aveva combattuto nel 51° reggimento fanteria
sul fronte occidentale, in Albania, Montenegro e Grecia, si arruolò volontario
nei paracadutisti, e il 21 aprile 1942 conseguì il brevetto.
Quando la divisione Folgore venne inviata in Africa Settentrionale fu comandante
della 28^ compagnia, X° battaglione, 187° reggimento di fanteria paracadutisti.
Dopo le perdite sanguinose subite dal IX° e X° battaglione nella battaglia di
Alam el Halfa di fine agosto, primi di settembre 1942, i due reparti si fusero
nel IX°.
Dopo la fine delle ostilità in Tunisia, il tenente Giampaolo fu prigioniero al
famigerato Campo 305 in Egitto.
Non cooperatore dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, subì angherie di ogni
genere dal detentore inglese, che non gli risparmiò neppure il kalabush.
Venne rimpatriato nel 1947.
Fece parte delle ricostituite Nembo e Folgore, a Pistoia e a Belluno.
Quando, nel 1952, presso la Scuola Militare di Paracadutismo venne ricostituito
il 1° battaglione paracadutisti del dopoguerra, ne fu -col grado di maggiore- il
primo comandante.
Promosso colonnello nel 1962, fu nello stesso anno il primo comandante del 1°
reggimento paracadutisti:
Amato dai suoi soldati e dai suoi collaboratori, veniva affettuosamente chiamato
"Papà Rolando".
Fu per ben due volte nominato Socio Benemerito della nostra Associazione, nel
1957 dal generale Frattini, nel 1994 dal generale De Vita.
Per l'eroico comportamento all'Uadi Akarit fu decorato di Medaglia d'Argento al
Valor Militare, con la seguente motivazione:
"Comandante di compagnia paracadutisti contrassaltava truppe avversarie che con
l'appoggio di mezzi corazzati erano riuscite ad occupare in forze una nostra
importante posizione e dalla quale minacciavano di aggirare tutto lo
schieramento della divisione.
Con azione decisa e violenta guidava i suoi uomini e, dopo rapido combattimento
all'arma bianca, annientava il nemico, catturando numerosi prigionieri e
distruggendo alcuni mezzi corazzati".
Uadi Akarit ( Tunisia ) - 6 aprile 1943
Gli venne concessa la promozione in servizio permanente effettivo per merito di
guerra, al posto di una seconda medaglia d'argento.
Guadagnò tre croci al merito di guerra e riportò tre ferite in combattimento.
Anche il paracadutista Giovanni Battista Corlazzoli guadagnò una Medaglia
d'Argento al Valor Militare.
Ecco qui di seguito la motivazione: "Paracadutista porta fucile mitragliatore,
già distintosi in precedenti combattimenti, in azione di contrassalto, con
calma, perizia e severo sprezzo del pericolo, infliggeva, con il fuoco della
propria arma notevoli perdite all'avversario. Ferito da arma da fuoco alla gamba
destra rifiutava di abbandonare il suo posto di combattimento fino a quando, una
raffica d'arma automatica nemica non gli stroncava il braccio destro.
Contribuiva così efficacemente a scoraggiare ogni ulteriore velleità nemica. Al
proprio Comandante di Compagnia, si dichiarava fiero di aver donato alla Patria
un braccio".
Quota 102 - Uadi Akarit ( Tunisia ) 6 aprile 1943
Il 20 aprile i Neozelandesi attaccarono, sopraffacendolo, il caposaldo di Gebel
Takrouna, villaggio berbero posto su una grossa rupe, che chiude la pianura di
Enfidaville.
Il caposaldo era presidiato dal 1° battaglione del 66° reggimento fanteria della
Divisione Trieste, e da un plotone di avieri tedeschi.
Alle 09.00 del 20 aprile venne dato l'ordine di contrattaccare.
I granatieri, comandati dal tenente Diletti, dopo due ore vennero decimati dal
fuoco nemico.
Un granatiere portò al comando del 285° Folgore la notizia del disastro.
Il colonnello Pettinau, comandante di settore, ordinò al 285° di riprendere
Takrouna.
Le due compagnie del battaglione, la 108^ del tenente Giampaolo, e la 112^ del
tenente Orciuolo, iniziarono il movimento cantando l'Inno dei Paracadutisti.
Per percorrere i quattro km che separavano le nostre linee avanzate da Takrouna,
ebbero l'ordine tassativo di non correre sul terreno scoperto, ma di camminare,
per non essere individuati.
Per fortuna dopo il costone di Deblijate il terreno era pieno di cespugli.
I circa 170 paracadutisti erano stati divisi in due gruppi: un gruppo doveva
dirigersi verso il costone orientale (tenente Giampaolo), l'altro verso quello
occidentale (tenente Orciuolo).
In appoggio vi erano le mitragliatrici dei granatieri.
I primi folgorini a cadere furono il sergente maggiore Cubelli e il sergente
Ghetti, il quale prima di morire ebbe la forza di gridare "La Folgore é sempre
la Folgore".
Verso sera le perdite erano di circa 40 paracadutisti, tra morti e feriti.
La prima parte dell'attacco era riuscita.
Il capitano Lombardini tenne un consiglio di guerra e dopo aver studiato a fondo
la situazione, decise di fare effettuare una scalata dalla parte più impervia,
che risultava meno presidiata dal nemico.
Occorrevano però paracadutisti provenienti dagli alpini.
Il sergente maggiore Donato Sanità si offrì volontario per comandare la
pattuglia di scalatori.
Proveniva dalla Guardia alla Frontiera ed era un soldato di grande coraggio.
Lombardini, che aveva appartenuto al corpo degli alpini, spiegò come comportarsi
per scalare questo "canalone" di una quarantina di metri.
La compagnia del tenente Giampaolo ricevette l'ordine di compiere un'azione
diversiva, aprendo un fuoco violento di armi automatiche.
I paracadutisti del sergente maggiore Sanità iniziarono la scalata in silenzio;
lo sforzo era notevole, non bisognava fare rumore.
Dall'alto, all'improvviso, sentirono gridare: "Folgore. Folgore"; si udirono
crepitare i mitra e scoppiare le bombe a mano.
Contemporaneamente, il plotone del sottotenente Andreolli, della compagnia
Giampaolo, si era spinto in alto verso la moschea, catturando molti prigionieri
maori.
Alle 20.00 potettero informare il comando della Divisione Trieste che su
Takrouna sventolava il Tricolore.
L'azione era stata sanguinosa, circa settanta paracadutisti erano morti o
feriti.
Il tenente Giampaolo mandò un portaordini con un messaggio di richiesta di
rinforzi, perché non si avevano più notizie del sottotenente Andreolli e del suo
plotone.
Dopo la fine della guerra e il rimpatrio dalla prigionia, il sottotenente
Andreolli dichiarò che dei suoi 25 uomini ne furono uccisi 20.
Due, feriti, vennero evacuati; due scortarono i prigionieri al Comando, e un
altro venne catturato mentre rastrellava l'abitato.
Egli stesso, rimasto ferito, si era asserragliato in una casa con quattro o
cinque paracadutisti feriti.
Quando finirono le munizioni, vennero vigliaccamente uccisi dai Neozelandesi.
Al sottotenente Andreolli venne conferita la Medaglia d'Argento al Valor
Militare con la seguente motivazione:
"Comandante di plotone paracadutisti, impegnato in accanito contrattacco per la
rioccupazione di importante posizione, si distingueva per coraggio.
Alla testa del suo reparto, duramente provato dal fuoco avversario, penetrava
arditamente in un abitato presidiato dal nemico impegnandolo in combattimento
all'arma bianca.
Caduti uccisi quasi tutti i suoi paracadutisti, si asserragliava con i
pochissimi superstiti fra i ruderi di una casa e, sebbene ferito, resisteva ai
ritorni offensivi di truppe fresche nemiche finché esaurite le munizioni e
sfinito dal sangue perduto, veniva catturato dopo che tutti i suoi uomini erano
caduti uccisi"
Takrouna ( Tunisia ) , 20 - 21 aprile 1943
Dopo la mezzanotte si scatenò l'inferno. Fuoco intenso di armi automatiche,
fuoco violento di artiglieria, tiri di carri armati.
Paracadutisti e granatieri si batterono con grande determinazione.
Arrivarono un centinaio di carri armati.
Il 21 aprile, verso le 16.00, il nemico si impadronì della cima del roccione.
Il sergente maggiore Sanità calò i feriti dal monte, e ripiegò per sottrarsi
alla cattura.
Alle 18.00 del 30 aprile, il comando di reggimento convocò il capitano
Lombardini.
Ivi giunto trovò un ufficiale superiore che lo accompagnò al comando del XX°
Corpo d'Armata. Il generale Orlando Taddeo, comandante del XX°, gli consegnò la
medaglia d'argento al valor militare sul campo dicendogli: " La dò a Te per il
Tuo eroico battaglione".
Ecco la motivazione: "Battaglione di paracadutisti, con impeto travolgente
contrattaccava il nemico che in forze preponderanti, aveva occupato gran parte
di una nostra importante posizione montagnosa, snidandolo di roccia in roccia e
ricacciandolo con gravissime perdite.
Nuovamente attaccato da altre forze nemiche, resisteva a lungo sotto
l'incessante fuoco dell'artiglieria avversaria, assolvendo sino al limite
estremo di ogni energia e di ogni possibilità il compito affidatogli".
Il 13 maggio 1943 la 1^ Armata Italo-Tedesca si arrendeva a Capo Bon.
Gli ultimi colpi prima della resa, vennero sparati dai "Giovani Fascisti" e dai
paracadutisti, a Nabeul.