Ufficiale di complemento quattro volte ferito, mutilato di
guerra, già cinque volte decorato al Valore Militare, accorreva volontario fra i
Paracadutisti affascinato dal miraggio di potersi meglio offrire all'audacia ed
al rischio. Distintosi in numerosi combattimenti per coraggio e sprezzo del
pericolo, sosteneva in critica situazione un violento attacco di reparti
corazzati, stroncandolo ed infliggendo all'avversario gravi perdite di uomini e
mezzi.
Posto quindi a presidio di una postazione divenuta l'obiettivo centrale
dell'offensiva avversaria, resisteva con tenace fermezza, sempre presente fra i
suoi uomini nei punti più esposti, a violentissimi reiterati attacchi che
rintuzzava con audaci contrattacchi.
Ferito gravemente rifiutava di lasciare il comando del battaglione e indomito
persisteva nella cruenta impari lotta.
Colpito mortalmente pronunciava fiere parole animatrici per i suoi soldati ed
immolava con sublime eroismo la sua vita educata al più puro amore di Patria e
alla sacra religione del Dovere.
Africa Settentrionale 20 Agosto - 3 Settembre 1942
Comandante
di plotone paracadutisti, attaccato da preponderanti forze corazzate, rincuorava
ed incitava col suo eroico esempio i dipendenti a difendere a qualsiasi costo la
posizione affidatagli. Sorpassato dai carri, raccolti i pochi superstiti, li
guidava in furioso contrassalto, riuscendo a fare indietreggiare le fanterie
avversarie seguite dai mezzi corazzati. Nuovamente attaccato da carri, con
titanico valore, infliggeva ad essi gravi perdite ed, esaurite le munizioni
anticarro, nello estremo tentativo di immobilizzarli, si lanciava contro uno di
questi e con una bottiglia incendiaria lo metteva in fiamme. Nell'ardita impresa
veniva colpito da raffica di mitragliatrice che gli distaccava la mandibola;
dominando il dolore si ergeva fra i suoi uomini, e con la mandibola penzolante,
orrendamente trasfigurato, con i gesti seguitava a dirigerli, e ad incitarli
alla lotta, tra fondendo in essi il suo sublime eroismo. Col suo stoicismo e col
suo elevato spirito combattivo salvava la posizione aspramente contesa e,
protraendo la resistenza per più ore, oltre le umane possibilità, s'imponeva
all'ammirazione dello stesso avversario. I suoi paracadutisti, ammirati e
orgogliosi, chiesero per lui la più alta ricompensa.
El Munassib (Africa Settentrionale), 24 ottobre 1942.
Comandante
di un pezzo anticarro impegnato da forte formazione di carri armati di fanteria
nemica, riusciva, dopo strenua lotta, ad infliggere al nemico sensibili perdite,
catturando con ardita mossa l'equipaggio di un carro colpito. Successivamente,
avuto immobilizzato il pezzo, feriti i suoi serventi, ferito egli stesso
gravemente alle gambe, incitava i dipendenti a non perdersi d'animo ed a
continuare a combattere con le bombe a mano ed i pugnali. Sopraffatto dal
nemico, irrompente nella postazione, vincendo lo strazio del suo corpo
martoriato, sorreggendosi con uno sforzo supremo sulle gambe maciullate,
scaricava la pistola sul nemico e gridando: "Voi non mi avrete vivo -Viva
l'Italia", cadeva da prode.
El Alamein (A.S.), 24 ottobre 1942.
Comandante
di compagnia paracadutisti impiegata come fanteria nella difesa di un importante
caposaldo isolato nel deserto, benché ammalato, sosteneva una poderosa
preparazione di artiglieria e poi l'attacco di forze corazzate nemiche
soverchianti che contrattaccava con indomito coraggio. Mentre il nemico sorpreso
da tanta bravura ripiegava coi suoi carri, non avendo potuto né sopraffare e
neppure fiaccare l'eroica resistenza dei difensori, il prode comandante alla
testa della compagnia decimata cadeva nel contrassalto colpito al petto da una
raffica di mitragliatrice e trovava ancora la forza di gridare ai suoi uomini
"Evviva l'Italia". Fierissimo comandante ed esemplare soldato contribuiva a
formare intorno al nome della Divisione "Folgore" un alone leggendario di
gloria.
Deir El Munassib (El Alamein), 26-27 ottobre 1942.
Comandante
di raggruppamento paracadutisti, due volte ferito nell'attraversare i campi
minati e, per quanto tormentato da malattia, restava in linea con i suoi prodi.
Attaccato da preponderanti forze corazzate, presente dove maggiormente infuriava
la lotta, calmo ed impassibile sotto il bombardamento dell'artiglieria, era
l'anima della resistenza e di fulgido esempio ai suoi dipendenti. Colpito a
morte, chiudeva eroicamente un'esistenza di intrepido soldato e di fierissimo
comandante tutta dedicata alla grandezza della Patria.
Africa Settentrionale, Estate 1942; Passo del Cammello (Depressione di El
Kattara), 4 novembre 1942.
Ufficiale
di artiglieria paracadutista di elette qualità professionali e morali chiedeva
di far parte di un battaglione paracadutisti. Ricoverato in luogo di cura per
malattia contratta a causa dei disagi della vita del deserto, fuggì
dall'ospedale per partecipare ai combattimenti in cui il battaglione era
impegnato. Più volte, sotto rabbioso tiro nemico rimase calmo, in piedi, a
dirigere il tiro dei propri mortai sublime esempio ai suoi paracadutisti.
Durante un violento e pericoloso attacco di prevalenti forze nemiche preceduto
da lungo ed intenso tiro di preparazione d'artiglieria appoggiato da carri
armati e diretto al fianco ed al tergo del battaglione sostituiva col tiro
accelerato dei suoi mortai il fuoco di sbarramento di artiglieria venuto a
mancare, continuando a martellare il nemico durante la sua avanzata ed incurante
del violento fuoco di controbatteria cui era sottoposto. Delineatosi il
contrattacco dei paracadutisti italiani, di iniziativa, riuniva i propri
serventi e si scagliava contro il nemico disorientandolo. Ferito due volte,
continuava a combattere; ferito una terza volta e mortalmente, rifiutava
energicamente di essere soccorso dai suoi paracadutisti accorsi e li incitava
ancora al combattimento. Consapevole della sua prossima fine, rimaneva sereno e
forte e dichiarava solo di essere fiero che il battaglione avesse assolto il
compito affidatogli. Spirava poche ore dopo, chiudendo gloriosamente la sua
generosa esistenza.
Egitto, Naqb Rala (El Alamein), 23-24 ottobre 1942.
Comandante di centro avanzato attaccato da preponderanti forze corazzate e
motorizzate, per tutta la notte, con il tiro delle proprie armi, riusciva ad
inchiodare il nemico davanti alle sue posizioni, arrestandone lo slancio
offensivo, e causandogli forti perdite. All'alba, per quanto ferito, con i pochi
superstiti, si lanciava al contrassalto, per alleggerire la pressione sui centri
di resistenza laterali. Ricacciato nel suo centro dall'azione dell'artiglieria
nemica, ormai quasi privo di uomini, ferito una seconda volta, riprendeva
personalmente il fuoco con le armi rimastegli. Ferito per una terza volta ed
intimata gli la resa, rifiutava; ritto in piedi, sparava l'ultimo caricatore di
moschetto sul nemico, e colpito una quarta volta, moriva al suo posto di
combattimento gridando: "La Folgore muore ma non si arrende! Viva l'Italia!"
Qaret el Himmeimat (A.S.), 23 -24 ottobre 1942.
Comandante
di un centro di fuoco sulla linea di resistenza, attaccato da preponderanti
forze motorizzate sostenute dall'intenso efficace tiro di artiglieria, reagiva
con perizia e valore riuscendo ad arrestare l'impeto nemico e a ristabilire la
situazione con audace contrassalto. Ferito, continuava a mantenere il comando
del centro sottoposto alla pressione nemica. Attaccato nuovamente, resisteva
imperterrito a malgrado delle gravi perdite subite e quindi contrassaltava con
violenza. Gravemente ferito una seconda volta, persisteva nell'impari lotta
alimentando lo spirito combattivo dei suoi valorosi paracadutisti col suo eroico
esempio. Colpito per la terza volta protraeva l'azione, culminante in epica
mischia all'arma bianca, finché cadeva sull'estremo lembo della posizione da lui
contesa all'avversario per tre giorni con ammirabile tenacia.
Purissimo esempio di leggendario eroismo, chiudeva la sua giovane esistenza al
grido di "Avanti la Folgore. Viva l'Italia".
Quota 125 di Qaret el Him meimat (Egitto), 23-25 ottobre 1942.
Portaordini
di un centro avanzato attaccato da ingenti masse corazzate nemiche, si spingeva
audacemente in avanti fin dall'inizio della lotta per poter dare sicure
informazioni. Ferito persisteva nel suo compito e rientrava poi portando sulle
spalle un compagno ferito più gravemente di lui. Medicato sommariamente,
rifiutava di allontanarsi e rimaneva al suo posto di combattimento. Rimasto il
suo centro isolato, si offriva per riferire al comandante di compagnia sulla
situazione e, in terreno piatto, completamente scoperto, sotto lo infuriare del
tiro nemico, compiva anche questa seconda missione e, benché nuovamente ferito,
rientrava ancora al suo centro per riprendere la lotta. Completamente
accerchiato il centro, costretto con i superstiti all'ultimo limite della
trincea, caduti tutti i graduati, era ancora l'anima della resistenza e,
rifiutata la resa, continuava la lotta, fino a che una granata, colpendolo in
pieno, non ne stroncava la eroica resistenza.
Quota 125 di Qaret el Himmcimat (A.S.), 23-25 ottobre 1942
Lanciafiammista
addetto allo sbarramento del varco di un campo minato, attaccato da
preponderanti forze, sotto violento e continuo fuoco dell'artiglieria, per oltre
24 ore si prodigava in ogni modo con il suo speciale mezzo di lotta per impedire
il transito dei carri armati dell'avversario. Esaurito il liquido da
lanciafiamme, continuava a combattere, lanciando bottiglie anticarro, fino a che
caduto ferito, veniva catturato dall'avversario. Appena riavutosi, con un
piccolo gruppo di compagni impegnava con audace corpo a corpo le sentinelle, e
riusciva a rientrare nelle nostre linee. Ripreso il suo posto di combattimento e
colpito nuovamente persisteva nella strenua impari lotta. Esaurite le munizioni,
stretto da vicino da carri armati che irrompevano ormai attraverso il varco,
sdegnoso di arrendersi, dissotterrava una mina e, a tre metri di distanza, la
lanciava sotto il carro armato di punta che veniva distrutto dall'esplosione,
investito dalla vampata e dalle schegge trovava gloriosa morte. Fulgido esempio
di supremo eroismo nella luce delle più pure virtù guerriere.
Africa Settentrionale, 23-25 ottobre 1942.
Nel
corso di un'accanita e sanguinosa battaglia, destinato con la sua squadra alla
difesa di un'importante posizione, per quanto duramente attaccato, resisteva
tenacemente con successo per oltre 24 ore. Accortosi che l'avversario con
ingenti forze corazzate e con truppe di assalto stava circondando e
sopraffacendo un centro di fuoco al suo fianco, di iniziativa, portava un gruppo
di uomini a soccorso dei compagni pericolanti e con grande ardimento, all'arma
bianca ed a colpi di bottiglie anticarro, riusciva a rompere il cerchio degli
attaccanti e, benché ferito, ad entrare nella posizione. Quivi, trovato morto
l'ufficiale comandante, riuniva i pochi difensori superstiti e li portava al
contrassalto ricacciando l'avversario. Nuovamente ferito rimaneva al suo posto.
In un nuovo improvviso ritorno offensivo dell'avversario rifiutava di arrendersi
e, gridando ai suoi uomini: "La Folgore muore, ma non si arrende", li portava
ancora una volta all'assalto, ma colpito gravemente cadeva sulla posizione tanto
tenacemente difesa. Eroica figura di comandante animatore e trascinatore di
uomini.
Africa Settentrionale, 23-25 ottobre 1942.
Posto
di vedetta oltre un campo minato per prevenire la rimozione delle mine, durante
un intenso tiro a nebbiogeni, avvertiti rumori, avanzava fra la nebbia per
accertamenti. Caduto in una imboscata, impegnava accanita lotta corpo a corpo
invitando ad alta voce i difensori della posizione retrostante ad aprire il
fuoco sulla zona dove lui si trovava ad evitare che le mine venissero rimosse,
immolava così la sua giovane esistenza, mirabile esempio di elevato senso del
dovere e di stoica fermezza.
Africa Settentrionale, 26 ottobre 1942.
Volontario
in reparti paracadutisti, celava stoicamente le sofferenze di precedente
infermità di guerra per non allontanarsi dai suoi uomini, in durissima
battaglia, comandante di compagnia, sosteneva con indomita fermezza per più
giorni consecutivi sotto incessanti bombardamenti terrestri ed aerei l'urto di
fanteria e mezzi corazzati nemici, costringendoli sempre a ripiegare. Vista la
gravità del pericolo che correva l'intero schieramento, decideva con fulminea
prontezza di contrassaltare; fatto impugnare le bottiglie incendiarie dai pochi
uomini rimasti, con ardimento sovrumano si avventava alla loro testa contro
carri armati infiltratisi, riuscendo ad arrestarne alcuni ed a ricacciare gli
altri. Nell'inseguirli oltre la cerchia del caposaldo, cadeva colpito a morte,
coscientemente sacrificandosi per la salvezza del settore in un atto di
disperata audacia, il solo che in quella tragica situazione poteva ricacciare
ancora una volta il nemico. Altissimo esempio di consapevole dedizione al
dovere.
Deserto Occidentale Egiziano, 23-27 ottobre 1942.
Staffetta
portaordini di compagnia, durante un intensissimo e tambureggiante fuoco di
preparazione di artiglieria nemica, assicurava i collegamenti del comando con i
vari centri di fuoco. Nel corso dell'attacco, benché ferito e grondante di
sangue, portava a termine rischiose missioni. Nuovamente ferito rifiutava ogni
soccorso e si offriva pel recapito di un messaggio al comando del battaglione.
Al ritorno, ferito una terza volta nell'attraversare una zona scoperta molto
battuta, pur immobilizzato negli arti inferiori, a forza di sole braccia e
reggendosi sui gomiti, si portava al comando di compagnia e consegnava l'ordine
ricevuto. Sentendo prossima la fine, al proprio comandante che lo sorreggeva
dichiaravasi felice d'offrire la vita per l'Italia ma dolente di non poterla più
servire.
Deir El Munassib (A.S.), 29 ottobre 1942.
Volontario
di guerra, in numerose azioni rischiose era sempre di esempio e di incitamento
ai propri commilitoni di squadra. Durante un attacco avversario compiuto con
poderosi mezzi corazzati, sopraffatto il suo reparto, rimaneva ferito in diverse
parti del corpo e cadeva prigioniero. Nonostante la menomazione fisica riusciva,
dopo cruenta lotta con sentinelle attaccanti, a liberare diversi camerati
catturati e, dopo inauditi sforzi, a raggiungere le nostre linee con un
ufficiale gravemente ferito portato sulle spalle ed un altro, rimasto cieco,
guidato per mano. Nuovamente catturato durante violento combattimento, tentava
ancora di fuggire ma veniva gravemente ferito. Ripresa conoscenza,
s'impossessava di una rivoltella di un caduto e impegnatosi in epico corpo a
corpo, riusciva, all'estremo delle sue forze, a rientrare al suo reparto.
Paralizzato degli arti destri, quasi cieco, resterà nel tempo, mirabile esempio
di nobile altruismo e spiccato valore personale.
Africa Settentrionale, novembre 1942.
Allievo
paracadutista, vibrante di entusiasmo e di fede, perduti il braccio e la spalla
sinistra in esercitazione, conscio del pericolo cui si esponeva, insisteva fino
ad ottenere di proseguire i lanci per essere pari agli altri nei pericoli, nei
disagi, nella lotta. Inabile alle fatiche di guerra, ma animato dal più alto
spirito guerriero, seguiva la sua divisione paracadutisti al fronte, dove
prodigandosi con perizia, ardimento e profondo senso del dovere nei difficili e
vitali compiti assegnatigli, costituiva con l'esempio fiamma vivente di
patriottismo, di fede e di abnegazione. In un momento assai critico della
battaglia, accerchiata la divisione da preponderanti forze nemiche, superava con
sforzo sovrumano per più giorni e notti consecutive, ostacoli e stenti di ogni
sorta per porre in salvo preziosi materiali affidatigli. Durante un più intenso
bombardamento nemico, abbandonati a rischio della vita gli occasionali ripari si
slanciava generosamente in soccorso di un grave ferito riuscendo con il braccio
superstite a trarlo a salvamento. Colpito egli stesso alla testa cadeva privo di
sensi. Soccorso e trasportato in un ospedaletto da campo, trovava ancora la
forza di insistere con sublime ostinazione per tornare al proprio reparto.
Africa Settentrionale, luglio-novembre 1942.
Comandante
di squadra mortai da 81 posta a guardia del varco di un campo minato, durante
dura e violenta battaglia si prodigava per otto giorni nell'impiego tempestivo
delle armi tenendo altissimo coi suo esempio il morale dei suoi uomini contro
gli accaniti e reiterati sforzi del nemico diretti ad impadronirsi del varco.
Ferito, rifiutava ogni cura e rimaneva al suo posto. In fase di ripiegamento, al
nemico che con altoparlanti invitava alla resa offrendo a quel pugno di uomini
l'onore delle armi, rispondeva col fuoco dei mortaio mettendo in fuga i mezzi
esploranti che si avvicinavano alla postazione. Fatto segno alla intensa
reazione di fuoco, incitava i compagni a resistere ed usciva dalla postazione
allo scoperto per meglio dirigere il tiro, in questo supremo tentativo cadeva
colpito da una granata.
Ai compagni accorsi per soccorrerlo indicava nell'agonia gli elementi nemici
contro cui dirigere il fuoco e spirava ordinando ancora: "Sparate!". Sublime
esempio di dedizione al dovere, spinta oltre la vita.
Quota 125 di Qarct ci Himmeimat, Quota 146 di Rain Pool, 23 ottobre-4 novembre
1942.