Caro Daniele, lo hai voluto tu ma quando sei stanco avvertimi.
Il 2 Giugno 1957 (avevo17 Anni) andai con un Amico a vedere la sfilata a Via dei
Foro Imperiali e mi trovai in mezzo ad una folla allegra festosa ed elettrizzata
dall’evento (in fondo erano passati pochi Anni dalla fine della Guerra) ed a
ogni reparto che sfilava erano applausi e grida di gioia a non finire non ti
dico poi al passaggio dei Bersaglieri.
Ad un certo punto tutto il chiasso cominciava a scemare e non capivo il perché
anche per il fatto che il mio campo visivo era ristretto poi cominciai a sentire
solo il passo sui sampietrini di un reparto che arrivava, erano loro i
Paracadutisti della Folgore e quando passarono d’avanti alla tribuna delle
Autorità in un silenzio irreale lanciarono l’urlo “FOLGORE” fu l’apoteosi, ti
giuro mi si è accapponata la pelle ancora adesso a distanza di tanti Anni rivivo
quei momenti.
Io, come puoi ben capire un po’ per l’età un po’ per ignoranza non sapevo
neanche chi erano i Parà i mezzi di informazione non erano certo quelli di oggi
avevo sentito solo qualcosa della FOLGORE.
Da quel giorno cominciai ad informarmi meglio perché avevo deciso che quello era
ciò che volevo fare, quando trovai la sede dell’A.N.P.I. (Via delle Milizie
Roma) andai per iscrivermi ed ebbi la sgradita sorpresa di non poterlo fare
perché ci voleva la firma dei Genitori, in quel tempo si era maggiorenni a 21
Anni ed io sapevo che per me era impossibile averla per ragioni personali che
non sto a raccontare perché non interessano nessuno e cosi dovetti rinunciare.
Passò molto tempo ma non avevo certo desistito all’idea, fino al giorno che
scoprii che la mia sorellina molto più piccola di me aveva fatto la firma di
nostra Madre su una nota presa a scuola all’ora scattò il ricatto “o firmi per
me o lo dico a Papà” detto fatto ritornai in Via delle Milizie feci l’iscrizione
e presi i moduli per la firma e per l’assicurazione (obbligatoria sig!! si
pagava e non avevo una lira) li feci firmare e li riconsegnai. Tutto a posto,
avrebbero messo in una bacheca quando sarebbe iniziato il corso (il V°).
Dopo qualche mese finalmente l’annuncio, cominciava il corso che si faceva in
una palestra di Piazza Santa Croce in Gerusalemme la sera verso le Sette e io mi
presentai puntuale.
Durò una decina di giorni per un paio d’ore a lezione e L’Istruttore era Piero
Traveri c’era un vecchio paracadute mimetico senza imbracatura una materassina
per imparare a cadere e una impalcatura metallica che simulava la porta
dell’aereo a parte la gran polvere non c’era altro.
Finalmente arriva il grande giorno 8 MARZO 1959 decollo e lancio all’aeroporto
di Guidonia presi i famosi moduli per la firma fasulla di mia sorella (ero
sempre minorenne) che, ancora mi rimprovera, e mi presentai all’appuntamento in
piazza della Repubblica alle sette di mattina dove cera un pullman Militare che
ci portò all’areoporto di Guidonia, come posso descrivere la sensazione di
quando vidi tutti quegli aerei in maggioranza Americani con la grande stella
bianca al centro di due strisce rosse sui fianchi e che li potevo anche toccare,
toccavo il cielo con un dito.
Nel pullman naturalmente c’erano tanti Paracadutisti con tute e bellissimi
stivaletti da lancio e noi i nuovi che eravamo i 5 superstiti dei circa 20
iscritti del mio corso eravamo come i loro pulcini e (in borghese)con gli
scarponi militari anfibi i più fortunati, io avevo un paio di gambaletti
adattati.
Giunti all’aeroporto spaesati, frastornati, elettrizzati e intimoriti stavamo in
disparte aspettando che qualcuno ci dicesse cosa dovevamo fare finche arrivò
qualcuno che ci disse “che fate voi non prendete il paracadute?” noi vedevamo
che tutti gli altri andavano a prendere una grande borsa grigia da un grande
mucchio ma non sapevamo che erano i paracadute (CMP 53) finche non arrivò
l’Istruttore e ci disse cosa fare e ci spiegò pure li sul posto se nel caso
avessimo avuto bisogno come si doveva aprire il paracadute di emergenza, chi li
aveva mai visti. Assurda l’incoscienza di tutti.
Andammo pure noi e ne prendemmo una ognuno ma quando l’aprimmo la sorpresa fu di
vedere tutte quelle cinghie piene di fibbie e che nessuno di noi aveva mai visto
perciò lo giravamo di qua e di là perché proprio non sapevamo come si faceva,
chiedemmo aiuto a quelli più vecchi e finalmente lo indossammo e andammo
all’appello per l’ordine di lancio del primo volo con l’unico vecchio SAVOIA
MARCHETTI 82 (La vacca) il vecchio bombardiere dell’ultima guerra a
disposizione, io fui chiamato per ultimo e perciò il primo alla porta, prima di
salire ci consegnarono una prolunga di circa un metro della fune di vincolo per
evitare di rimanere impigliati, durante il lancio, ai piani di coda dell’aereo o
nel ruotino posteriore che non era retrattile perché era già successo che
qualcuno ci rimase impigliato.
Restai diviso dai miei amici ma nel frattempo era arrivato mio Fratello più
grande di 5 Anni che aveva saputo dagli Amici quello che avrei fatto quel giorno
e si precipitò in aeroporto per tentare di dissuadermi e con lui ci
incamminammo, gli ultimi della fila verso l’aereo che aveva acceso i motori e
con una cassetta di legno a mo di scaletta i primi cominciarono a salire e le
mie gambe cominciavano a tremare, mio fratello mi aiutò a salire raccomandandomi
di fare tutto quello che mi avevano insegnato (cosa??) dopo aver preso posto
guardai lui a terra e notai che aveva gli occhi lucidi e questo mi ha squassato
il cuore perché gli volevo veramente bene e pensai subito che se mi succedeva
qualcosa era Lui il primo a morire, tolsero “la scaletta” e cominciammo ad
andare.
Ci spiegarono che per poter decollare poiché la pista non era abbastanza lunga
era necessario ammassarsi sulle scalette interne fin quasi sopra le spalle dei
Piloti, per non gravare sul ruotino posteriore e cosi facemmo.
Il direttore di lancio (l’unico) era il nostro istruttore Traveri dopo che
decollammo e l’aereo per prendere quota con il frastuono pazzesco dei tre motori
girava in tondo su Guidonia (quanti cimiteri sorvolava) prendemmo posto e
agganciammo la fune di vincolo con la prolunga alla corda d’acciaio che finiva
praticamente sotto i piedi del direttore di lancio.
Io primo alla porta, stavo con la spalla appoggiato alla serrandina in listelli
di legno rotondi che vibrava tutta e che chiudeva un’anta della doppia porta e
letteralmente aggrappato al maniglione guardavo la terra che lentamente si
allontanava con la grande paura di cadere giù, quando arrivammo in quota e si
avvicinava il grande momento e io ero in uno stato pietoso, troppe emozioni
forti e tutte insieme tanto che l’istruttore ad un certo punto mi urlò “ce la
fai a lanciarti?” in qualche modo gli dissi di si ma non credo di averlo
convinto al massimo, perché quando urlò “alla porta pronti” mi girò e mi fece
aggrappare con l’altra mano all’altro maniglione e dandomi uno spintone mi aiutò
a vincere qualche titubanza che onestamente non avevo e saltai.
Dopo un’eternità mi “risvegliai” e non sapevo se ero vivo o morto in
quell’improvviso silenzio ovattato mi ritrovavo “avvitato” appeso al mio
paracadute e cominciai a contare milleuno, milledue poi ho realizzato e scoppiai
a ridere istericamente, neanche il tempo di godermi il tutto che cominciai a
sentire urla che venivano da terra che dicevano; tira, tira guardai giù e vedevo
un tizio che correva verso di me sbracciandosi e urlandomi di tirare a cui si
unì mio fratello, io sentivo ma non capivo cosa dovevo tirare poi mi resi conto
che stavo toccando terra ma non era il prato, era asfalto e li sopra atterrai ma
vi garantisco che ero talmente teso che credo di aver rimbalzato come una palla.
Poi il tizio che mi urlava di tirare, rimproverandomi in malo modo, mi disse che
correvo il rischio di finire sopra il capannone (hangar) che era alle mie spalle
non più lontano di sette o otto metri e che dovevo tirare le corde d’avanti per
frenare la deriva che mi spingeva indietro. Meglio che non racconto i commenti
di mio fratello nei miei riguardi ma ormai era fatta e se ne andò molto, molto
arrabbiato pensando che ormai era tutto finito.
Invece quando andai a riconsegnare il paracadute al punto di raccolta mi dissero
che su l’ultimo volo cerano dei posti liberi e se qualcuno voleva fare un altro
lancio poteva iscriversi, andai immediatamente ad iscrivermi e per ironia della
sorte ero di nuovo primo alla porta. Ma questa volta la cosa non mi turbava
ormai ero un “veterano” e cosi feci anche il secondo lancio che mi sono
veramente goduto e solo chi ha provato questa esperienza sa cosa voglio dire
Poi sono venuti gli altri lanci in giro per l’Italia ma non potevo farli tutti
perché le mie finanze non erano molto floride e le trasferte e l’assicurazione
erano a nostre spese.
Poi venne il momento del servizio Militare e naturalmente firmai per la Folgore
e il 7 Marzo del 1960 mi presentai al CMP di Pisa.
Ma questa è un’altra storia che ti racconterò un’altra volta. Ti ringrazio
dell’ospitalità e ti abbraccio calorosamente. Adamo
E sempre FOLGORE